Karma is a Killer – a short novel by Dino Olivieri
Sella delle Trincee – Merna-Castagnevizza
“Nell’aspro combattimento del 24 Agosto, questo reggimento ha perduto uno degli ufficiali più baldi e più brillanti, il Tenente Peyron Sig.Bruno, mentre in piedi sulla trincea nemica incitava i suoi dipendenti alla lotta accanita. Cadde da eroe, come da eroe si era comportato sempre, durante la lunga permanenza in trincea.
Rendendomi interprete del sentimento unanime di questo Reggimento invio alla Famiglia del caro indimenticabile Estinto, a Lei, primo cittadino del Comune che gli ha dato i natali, l’espressione reverente del cordoglio per la scomparsa di sì fulgida figura di eroe, che vivrà immortale fra noi e sarà d’esempio e di sprone per vendicarne la morte e per conseguire l’agognata vittoria.
Generale di Divisione nell’Arma di Cavalleria
Italo Brioni
Post Scriptum: Pregasi, abbiate cura di consegnare alla famiglia la lettera allegata che il caro Estinto conservava in una sua tasca.”
“Cara Alice mia. Mia amata piccola Clementina.
Nei passati giorni non vi potei scrivere per via di una marcia senza soste.
Due giorni addietro raggiungemmo la nuova avanguardia e la sua preparazione ci impegnò per trentasei ore filate.
Sono stati giorni durissimi e di grande pericolo e dolore, ma a parte una sordità che va scemando, sono sano e salvo. Rallegrati dunque luce mia e riempi per me di baci la nostra piccina.
Ora che l’immediata opera del XII Corpo è compiuta e questa breve tregua mi dà respiro do libero sfogo al mio lapis.
Per più di due giorni intieri l’artiglieria nemica ha fatto piovere fuoco sulle nostre trincee.
Ho visto due cari compagni uccisi dalle esplosioni. I poveretti si accasciarono come sacchi vuoti. Uno lo conoscevo assai bene, era il caporale Bonetti di cui brevemente ti raccontai nelle mie lettere. Che Dio misericordioso assista la sua famiglia. Ancora lo piango come avessi perduto un fratello.
Per via della nostra amicizia a me toccò l’ingrato compito di scrivere poche righe di cordoglio da indirizzare alla sua famiglia. Prego di aver usato le parole migliori.
Ma non preoccupatevi, io sto bene, anche se al momento di fare fuoco confesso mi tremano le braccia.
Non ho neanche una ferita, solo la mia mente si tormenta sui volti dei giovani compagni d’arme caduti, riportando alla memoria le loro foto che raccogliamo alla fine della battaglia per mandarle insieme a poche righe alle loro famiglie.
Quando avanziamo oltre le linee, provo angoscia anche nel vedere i caduti nemici.
Sono giovani imberbi, e hanno volti bambini che non riesco a tener in odio.
Dio mi perdoni per le lacrime che verso ancora ora e abbia pietà di me per essermi dato alla fuga in un paio di circostanze.
Ciò che i miei occhi vedono qui nel Bosco Vecchio è un orrore che nessun racconto può descrivere e che merita solo l’oblio.
Vi abbraccio e vi bacio mille volte.
Angeli miei, guidate sempre a me le vostre preghiere.
Vi penso sempre.
Il vostro Bruno.
Merna-Castagnevizza, 22 Agosto 1917”
Sōng Shān – 嵩山
Nebbia fitta come latte annacquato.
Montagne in pigro silenzio.
Scendo giù dal collegio montano con uno zaino in spalla.
Giù per i sentieri, le strade di campagna e le vie di piccoli villaggi.
A piedi. Mi arrangio per dormire e per mangiare.
Viene la pioggia. Benedice la mia tristezza con la sua musica bambina di piccoli piedi nelle pozzanghere.
L’acqua tracima dagli argini delle risaie.
Mi tolgo i sandali e i calzoni.
Guado lunghi tratti allagati come un ladro vergognoso.
Eccolo il mio villaggio natio.
Sull’uscio di casa la vecchia Mu-Rong mi accoglie senza parole.
Sento il suo dolore profondo e composto.
Vedo il corpo di mia madre.
Un vago sorriso sulle sue labbra anziane mi riempie gli occhi di lacrime.
Sotto le sue mani congiunte, una lettera.
Mu-rong mi invita a prenderla con un cenno dei suoi piccoli occhi.
– Kun-Li, caro figlio mio.
Il mio cammino su questa terra è concluso.
E’ ora che mi ricongiunga al tutto eterno.
Perdonami se non riesco a salutarti guardandoci un ultima volta negli occhi.
Nella triste evenienza ti lascio questa lettera.
Ho fatto del mio meglio per crescerti in salute, nel corpo e nell’anima.
Sono soddisfatta e serena.
Desidero che tu riesca a nutrirti della natura dell’universo.
Sei un uomo speciale, così è come io ti vedo.
Alla scuola dei monaci studi molto.
Mi dicono che sei uno dei migliori studenti.
Riempi il mio cuore di gioia.
Tieni a mente queste mie parole:
L’orizzonte del tuo cammino non è negli ottantamila sutra.
Il tuo scopo supremo non è tra le mura chiuse del Sacro Monte.
Che si concluda il tuo esilio auto inflitto.
E’ tempo di mutamenti.
E’ tempo che tu cammini sulla Via.
E’ tempo di svegliarsi alla vita.
Con amore.
Non nata.
Non morta.
Madre Mei-Lin –
Otaniemi – Espoo
Serro i denti.
Domino un impulso di disgusto.
Sotto la pioggia guardo un vampiro di vite e speranze riverso faccia a terra.
Ha gli occhi aperti e sani.
La sua anima è cieca.
Il cadavere è gonfio.
Si spegne in una pozza di lordume.
Distante, gli sputo addosso caustico l’estrema unzione:
– Non vivo, non morto.
Il karma è un assassino,
che uccide con la resurrezione –
Giro lo sguardo attorno.
Solo buio rotto da lampioni fiochi.
Nessuno.
La notte d’acqua nera batte e soffoca milioni di pianti.
La pioggia nasconde urla che sento nella mia testa.
Le sento senza sosta, senza un motivo, senza impazzire.
Tiro su il cappuccio sulla testa rasata.
Mi asciugo la faccia gocciolante d’acqua fresca.
La membrana olistica sub-cutanea sulla fronte si illumina.
Cammino, stretto nel mio impermeabile pesante.
I neon lampeggiano sui locali fantasma.
Svuoto la mente.
Compassione e distacco.
In equilibrio sul mondo che crolla.
Cammino sulla Via che nessuno vede.
Berlin
Selda alza i suoi occhi nello specchio.
– Compassione – sussurra Daisaku.
Lo spot recita: “Il saggio Daimon prefrontale della Karma inc. sussurra consigli e utili istruzioni. Personalizzabile e discreto, il Daimon Karma, rivoluzionerà in meglio la vostra vita.”
– Compassione –
Una giovane donna piange lacrime pesanti e sporche di trucco.
Disperazione densa e profonda come un mare nero.
– Lo specchio in cui guardi riflette l’esatta realtà.
La riflette da un punto di vista speculare.
Non ti serve conoscere l’immagine che vedi.
La vera saggezza sta nel vederla veramente e nella sua completezza – sussurra Daisaku.
Selda asciuga le lacrime rigandosi di kajal le guance bianche.
Occhi tristi, pupille di cristalli di ghiaccio, fissano i gemelli oltre la membrana sottile.
– Illusione è essere schiavi della mente.
Illusione significa separazione e sofferenza –
Stanca delle frasi nella mente, Selda parla sottovoce.
Qualcuno nel corridoio potrebbe sentirla e pensare che sia assuefatta al daimon.
– Parli nella mia mente. Tu! tu sei un’illusione e io sono solo schiava delle tue parole –
– Parlo nella tua mente perché hai desiderato la mia presenza in essa acquistandomi –
– Non sono sicura di volerti ancora. Le tue parole non mi aiutano. Le tue prediche sulla sofferenza e su come vincerla, non mi sono di alcun conforto –
Il daimon attende e risponde:
– Non è sufficiente avere la realtà sempre intorno a sé.
E’ necessario risvegliarsi e aprire gli occhi per vederla ed esserne consapevole –
Selda stringe nervosamente il fazzoletto nella mano destra e sibila tutta la sua frustrazione:
– Basta! Smettila! Ho solo bisogno del suo corpo, dei suoi baci, della sua presenza, della sua voce. Non capisci? E’ così difficile, stupido programma? La persona che più amo è morta, è morta! E non tornerà mai più. Mai più.. –
Silenzio.
Suono appropriato di fronte a un dolore profondo.
Paziente si pone in attesa.
Selda si calma, abbassa lo sguardo sulle sue mani tremanti lamentandosi:
– Non ce la faccio.. –
Un pianto inconsolabile.
– Non ce la faccio più. Cosa posso fare? Cosa posso fare? –
Il daimon analizza miliardi di suppliche.
Attende che le lacrime vengano asciugate.
– Compassione Selda. Compassione. –
Lei guarda nello specchio e con un impulso di rabbia domanda:
– Con chi dovrei essere compassionevole? Chi è che dovrei capire? Sono io a soffrire da morire. Io, io! Non capisci? –
Daisuke forma nella corteccia visiva una immagine sfumata di un sorriso materno e comprensivo.
– Con te stessa.
Sii compassionevole con te stessa.
Devi comprendere il tuo dolore come una coperta che avvolge un cucciolo ferito.
Quel cucciolo e il suo dolore sei tu.
Osservalo, abbraccialo, sii generosa con te stessa. Ama. Accarezza la tua sofferenza, guariscila, distaccatene e infine liberala nel tutto, così come faresti con quel cucciolo –
Selda non piange più.
Frastornata, ascolta.
– Tu sei tutto, sei il tuo amore e l’amore del tuo amato scomparso ai tuoi occhi e al tuo abbraccio.
Tu sei il tutto che cambia.
Solo accettando il cambiamento della forma di questo amore smetterai di soffrire –
Selda implora con voce rotta:
– Non lo so.. Io non.. Come posso riuscirci? –
Il daimon sorride dentro la sua mente.
Risoluto e calmo sussurra:
– Lo stai già facendo.
Guardandoti allo specchio, ti osservi come una persona osserva un’altra che soffre.
Io vedo ciò che provi.
Ciò che provi è Compassione –
Songdo – 송도 松島
Un uomo si avvicina al tabernacolo e appoggia la mano sugli otto raggi.
La luce ambrata del connettore si accende illuminando i contatti del palmo della sua mano.
Sul piccolo schermo dorato il salvaschermo svanisce e lascia il posto al siparietto del saggio sulla nuvola volante.
– Pace! – saluta l’Oracolo sorridendo criptico.
– Prego, sono qui per ascoltarti.. – invita l’uomo a parlare.
L’uomo esita.
E’ semplice parlare con un surrogato di dio personale.
L’Oracolo dell’Alba è il più amato.
L’uomo è profondamente turbato.
Un respiro profondo e comincia.
– Sono così stanco Oracolo. Molto stanco. Sono come consumato. La notte non mi conforta, né mi ristora –
L’automa elabora la frase.
Le frequenze vocali esaminate, il linguaggio non verbale del volto misurato, i tempi relazionati.
Mille turchi meccanici assimilano nuovi parametri non formalizzati.
Saggezze di milioni d’anni uomo calcolano un responso verbale di senso compiuto.
L’Oracolo apre un po’ di più gli occhi.
Si intravede un sincero sentimento di autentica compassione.
– Sì, mi ricordo di te. La tua storia è così simile a milioni d’altre storie. Sono partecipe del tuo tormento. Ma dimmi in una sola frase, cos’è a tuo avviso che più ti crea sofferenza? –
L’uomo si guarda dentro.
Conosce bene il suo male e non esita a rispondere:
– Mi consuma sanguinare e non poter urlare. Soffro vagando sospinto nella folla e mentre muoio di solitudine. Mi dolgo di amare e non poterlo confessare, morendo soffocato da vite che non riesco ad afferrare –
Il saggio nello schermo mostra un sorriso consolatorio.
Chiude gli occhi.
Medita e dice:
– Tutti gli esseri umani soffrono.
Soffrono perché pensano di non essere amati, o perché pensano di non essere amati abbastanza.
E sbagliano di grosso.
Sono sincero dicendo che c’è almeno una persona che piange in silenzio vedendoti soffrire.
Sono sincero dicendo che la tua solitudine è una illusione, perché almeno un’altra persona ti pensa e ti è vicina più di quanto tu possa immaginare.
Sono sincero dicendo che fuori c’è una persona che ti ama senza il coraggio di confessarlo –
L’uomo, freddo nella ruggine di rabbia e cinismo, ribatte:
– Frasi fatte. Non pago il mio obolo per formule a buon prezzo da predicatori di strada. Ciò che
più desidero non è essere amato da una persona qualunque. Brucio dal desiderio di essere amato dalla persona che amo, con la stessa forza e la stessa passione che provo per lei –
L’Oracolo sorride come un nonno paziente.
Scrolla la testa e sentenzia:
– Tu ami “l’idea” della persona che dici di amare.
Il tuo non è vero amore, ma una pervicace e convincente illusione.
Tu desideri la soddisfazione del tuo ego possedendo i pensieri e il corpo della persona che dici di amare.
Il tuo non è vero amore, ma bramosia.
Ti consumi di frustrazione e rabbia perché non puoi ottenere ciò che non esiste.
Il tuo non è vero amore, ma rabbia –
L’uomo si risente del tono severo dell’Oracolo, domandando a denti serrati:
– E allora dimmi, cos’è il vero amore? –
Risposta semplice, perché richiesta miliardi di altre volte.
Risposta inutile, perché ascoltata, incompresa e dimenticata miliardi di altre volte.
– Il vero amore non genera sofferenza.
Il vero amore non chiede nulla.
Il vero amore gioisce il dono del presente.
Il vero amore é eterno.
Noi siamo l’eterno presente che cambia.
Noi siamo Amore –
Lac d’Arpy – Mont Chavet/Becca Poignenta/Mont Cormet
Cammino in riva a un piccolo lago.
I tritoni nuotano pigri.
Non faccio rumore restando sottovento.
Nel cielo limpido le montagne mi abbracciano.
La cerva che inseguo è molto vicina.
Lascia tracce ingenue, è giovane e inesperta.
Verso valle si nasconde nel bosco, dritta verso le mie trappole.
Un suono secco annuncia la mia fortuna.
La sento muoversi debolmente.
La vedo, è poco più di una cerbiatta.
L’inverno è vicino, le battute sono state scarse, non posso liberarla.
Mi avvicino, mi guarda.
Accendo un fuoco per cuocere e affumicare la sua carne.
La fiamma turbina scintille che salgono al cielo.
Le seguo con lo sguardo.
La volta nera del mondo è trapunta di stelle.
Riguardo i suoi occhi.
Non desidero ucciderla.
Nel vento sento – Brisse.. Brisse.. –
Ho il cuore in gola.
E’ una voce di fanciulla, eterea come di fantasma.
– Brisse.. Brisse.. – il mio nome sussurrato tra i pini e gli abeti.
Mi giro con gli occhi sbarrati.
La mia preda è fuggita.
Il fuoco rischiara l’imbrunire.
Dietro un rovo vedo gli occhi della giovane cerva.
Vedo meglio, sono occhi di ragazza.
Nuda, esce allo scoperto.
Tra i capelli ha fiori di melo.
Si avvicina e mi guarda ineffabile.
Mi tira sul petto la corda della mia trappola.
Non mi muovo e la osservo in silenzio.
Si avvicina a un palmo da me.
Mi sorride.
Non ho mai visto bellezza più grande.
Mi bacia sulle labbra.
Il vento si alza.
Lei scappa e si perde alla mia vista.
Sono vecchio.
Amo ancora camminare nel bosco.
La cerco ogni giorno senza trovarla.
Sogno di baciarla, di prender la sua mano.
Col pensiero, accarezzo i suoi capelli sciolti su un prato fiorito.
Perdo anche la forza di tenere gli occhi aperti.
Li chiudo per l’ultima volta.
Penso al lago dell’alpe e lei mi appare.
La giovane mi solleva il capo.
Mi bacia con tenero amore.
Mi prende la mano e mi tira su in piedi.
Mi porta al suo giardino selvatico.
Non sento fatica.
La mia carne è giovane e luminosa.
Lei mi sorride.
Allunga la sua mano alla luna e ne stacca una mela d’argento.
Io le sorrido.
Colgo dal sole una mela d’oro.
Offrendoceli, ci scambiamo i nostri doni,
eterni.
d
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